Il sorpasso

23/01/2022 alle 14:48.
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LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Gasperini da sei anni; Pioli da tre; Inzaghi sul ponte di comando di una nave che rischiava di imbarcare acqua e che sapientemente sta conducendo in porto; e Sarri alla guida di vetture più o meno collaudate ma alle prese con novità meccaniche concettuali; il ritorno di Allegri. Jose Mourinho non si tira indietro se gli si chiede opportunamente di comparare la rosa della Roma a quelle delle altre rivali, spesso lui stesso usa gli altri come termini di paragone. La serie A conta soltanto due allenatori a capo da parecchi anni delle rispettive squadre. Per il resto, novità (come lui per i giallorossi) e ritorni. Con una Roma che negli anni ha ceduto il passo. Dopo essere stata la prima squadra fra le seconde (al tempo del dominio juventino), prevalendo sul nell'ottenimento del secondo posto (seppur sempre a distanza di sicurezza che permetteva alla di vincere senza affanni), c'è stato il tracollo che ha portato al ridimensionamento dei quinti, sesti e settimi posti, e all'attuale oscillare fra la quinta e l'ottava posizione.

Perché? Se la classifica la decidessero fatturati e monte ingaggi la Roma dovrebbe stanziare fra il quarto e il quinto posto, senza considerare un miraggio il terzo gradino del podio, non distante dal Milan e più o meno in competizione con il . Ma gli esiti nel calcio non sono determinati negli uffici contabili, altrimenti sarebbe basket, o volley, o qualsiasi altro sport di squadra, dove otto volte su dieci arrivano in fondo le più forti, le più ricche, quelle che pagano di più.

Da troppi anni Roma si è quasi arresa a fatti confutabili. Da almeno un biennio parlare di possibilità di lottare con Atalanta e sembra essere diventato un tabù. Nelle ultime due stagioni sembrava non si potesse neanche più avvicinare la Lazio. E dopo anni in cui il Milan arrivava almeno due posizioni dietro Roma, si dà oggi per scontato che i rossoneri non possano finire nel mirino.

Perché? Per capacità di investimenti irrimediabilmente inferiori rispetto alle altre? Neanche per sogno. Per stipendi così smaccatamente inferiori? Niente di tutto questo. L'amara verità è che nel 2018 la Roma ha iniziato a registrare un ridimensionamento tecnico figlio di errori macroscopici. Prima c'era la capacità di porre rimedio a cessioni eccellenti cooptando calciatori in grado di non farli rimpiangere, poi si è passati all'era degli acquisti inopportuni, dispendiosi, illogici, che hanno portato la scorsa estate a una decisione epocale.

Mettere ai margini della rosa elementi che al club costano quanto e più di molti protagonisti positivi delle altre squadre. Da qualche parte bisognava cominciare. Gasperini il primo anno all'Atalanta dopo un mese e mezzo fu a un passo dall'esonero. Una specie di piccolo Sacchi, che al Milan stava per andare a casa dopo una sconfitta casalinga contro la di Baggio, e poi prese il volo verso l'eternità. Ma leggendo quanto spende e incassa l'Atalanta, quanto paga i calciatori e quando versa sui loro conti in banca, c'è da sbattere la testa al muro. Perché le differenze manifestatesi nelle ultime stagioni sono determinate esclusivamente dalle capacità manageriali, programmatiche e gestionali degli uomini che si dividono fra uffici e campo.

A Roma, dentro la Roma, da troppi anni c'è la malsana abitudine di curare la propria immagine piuttosto che il bene comune. Abbiamo assistito a faide interne ridicole, dove si sgomitava e si faceva la guerra al compagno di banco, con dirigenti che non aspettavano altro che il motivo giusto per cacciare l'allenatore inviso o fare le scarpe al collega che faceva ombra. Le conseguenze si riscontrano nella classifica. La Roma ha perso competitività, i calciatori della Roma si sono abituati all'anonimato, forti di un tifo incondizionato, ma soprattutto della consapevolezza che loro non saranno mai nel mirino della critica.

A maggior ragione oggi che c'è Mourinho che ruberebbe la scena persino a Cristiano Ronaldo e . Figuriamoci se non possa farlo a una squadra composta da calciatori buoni e in alcuni casi buonissimi, ma che fanno parte di un gruppo che nelle ultime tre stagioni è stato etichettato come perdente, senza guizzi, dedito all'appiattimento, senza nerbo, troppo spesso incapace di reagire. Compito arduo quello del portoghese, che smaniando e smoccolando è ora consapevole di quanta pazienza serva per fare trasfusioni di carattere, e per arrivare ad avere una rosa a sua immagine e somiglianza.

Nel campionato della quarta fase dei contagi, ora alla Roma viene offerta l'ennesima occasione, per accorciare le distanze e riaffacciarsi dalle parti delle big. Una di quelle occasioni che in passato la Roma ha sempre fallito. Ma sarebbe ora di uscire dalla maledetta comfort zone che fa crogiolare i calciatori dopo un gol all'incrocio o una prestazione decente, una volta ogni morte di Papa, negli scontri diretti. Perché dopo quattro anni di crollo verticale è ufficiale quanto sia peccato mortale vedere la Roma sorpassata a destra e a sinistra da squadre che prima teneva a bada, e che dal 2018 non per soldi ma per bravura hanno iniziato a mettere la freccia per poi schizzare via.

In the box - @augustociardi75

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