E adesso?

22/05/2022 alle 12:42.
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LR24 (MATTEO VITALE) - Ci siamo. 3 giorni. E domani saranno 2. Poi uno, poi sarà il giorno del match. Parliamoci chiaramente, guardiamoci negli occhi, meritiamo di essere sinceri gli uni con gli altri, perché siamo tutti nella stessa dimensione intima: la testa è a Tirana da settimane, il tempo si è fermato e le cose accadono e si muovono intorno a noi, non con noi. Passo dopo passo, a tentoni, a farci strada in una realtà sospesa. Il desiderio di sapere come andrà, la paura di sapere come andrà, il desiderio di vivere una notte che attendiamo da tanti anni, la paura di vivere una notte che attendiamo da tanti anni. Nel bene o nel male, il tempo passa in fretta. È uno dei segreti della vita, una di quelle cose che scopri più in avanti con gli anni, quando cerchi di afferrarlo e lui ti sfugge, portandosi dietro tante cose. E infatti eccoci. Pensare ad altro è quasi ipocrita e se guardi negli occhi altri tifosi giallorossi per cercare conforto, al massimo puoi trovare una finestra sulla galassia romanista, fatta di “E se...”, fatta di “Ce la meritiamo ‘sta coppa, ce la meritiamo, deve essere nostra”, fatta di “No, io non ci voglio pensa’ a quella notte e neanche al giorno dopo”. I giovani vorrebbero chiedere ai propri papà, o zii, alle proprie mamme o ai nonni, come diavolo hanno fatto a vivere i giorni prima delle altre finali. Vorrebbero chiedere loro: come si vive una finale? Certi del fatto che pur con tutto l’amore del mondo parlarne sarebbe complicato, la verità è che non lo sanno. Perché il calcio è la realizzazione del prima e del dopo.

L’attesa, i sogni, le paure, noi che ci teniamo in piedi vicendevolmente, mano nella mano, mentre navighiamo su un mare fatto di tutto quello che siamo stati, che siamo, che vorremmo essere e che saremo. Sempre qua, insieme. Tirana, casa, divano, per terra, radio durante un turno di lavoro proprio la sera della finale, Stadio Olimpico, da soli, in famiglia, con gli amici, con i partner che vivono la Roma attraverso di noi o con noi, tra riti, scaramanzie, birra, vino, maglie, bracciali, cappelli, ricordi, pensieri a chi con noi ha sempre visto le partite e ora non c’è più: milioni di vite e realtà che viaggiano e si muovono verso il pallone che alle 21:00 di mercoledì sarà posto al centro del campo, al centro del mondo. Non importa, anche se importa dannatamente, come andranno le cose. L’amore è più forte di tutto. La Roma è più forte di tutto. Manca poco, il capitano sistema la fascia e guarda il 9, José guarda i suoi, in campo e sugli spalti. E adesso? Forza Roma, sempre.

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