Lo smascheratore

13/05/2024 alle 15:35.
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LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Invertendo l'ordine dei fattori, è arrivato il gioco ma non sta cambiando il risultato finale. Daniele De Rossi sta per completare il suo primo giro sulla Roma da allenatore. E va promosso a pieni voti. Non fosse altro per lo stato comatoso in cui ha trovato la squadra a metà gennaio. L'ha alimentata, l'ha svegliata e le ha cambiato i connotati. Le ha insegnato di nuovo a camminare. Ma non poteva farla correre come corrono le altre. Per difetti di fabbrica. Inutile ripetersi.

I club fanno bene a cambiare gli allenatori, a volte diventa un dovere, che piaccia o no. E la Roma a metà gennaio non poteva andare avanti con Mourinho. Ma gli allenatori vanno e vengono, i danni causati dai dirigenti che costruiscono le squadre rimangono almeno fino al termine della stagione. Anche quando gli stessi dirigenti scendono in corsa dal treno. La Roma lo sa. Sta finendo ora di scontare i danni causati dai dirigenti che hanno operato sul mercato dal 2018 a oggi. Quelli che hanno smesso di investire sui talenti, che hanno creato sinergie più o meno sempre con gli stessi operatori di mercato, quelli che hanno rinnovato contratti a cifre folli e con scadenze che li hanno fatti somigliare a dei vitalizi più che ad accordi pluriennali.

La Roma dominata dall'Atalanta è la sintesi della squadra che con encomiabile spirito agonistico ha provato a tenere i piedi in due staffe. Ma che alla fine ha dovuto alzare bandiera bianca. Stanchezza, carenza di energie mentali, scarsi ricambi figli di mercati scellerati, limiti strutturali. Nel momento clou, che dalla notte dei tempi arriva a fine stagione, le hanno presentato il conto. Salatissimo. A Bergamo si stava per rivivere il film di Leverkusen. Avversario che va al doppio della velocità della Roma, che a prescindere da chi gioca applica schemi e produce palle gol, e che dimostra di stare molto meglio della Roma, brava e fortunata finché può a restare in vita, con un'identità di gioco che comunque riesce a mostrare, e poi col colpo di teatro che può riscrivere il finale. Un rigore, poi un altro, in Germania. Un rigore, e poi un tiro da fuori, a Bergamo. Troppo poco. Alla lunga è andato a dama chi ha meritato di più.

De Rossi a fine match ieri ha a mascherato un sistema, ha smontato anni di giovani teoremi esaltati per moda, a oltranza. Ex calciatori oggi opinionisti e volenterosi giornalisti gli hanno provato a chiedere se la svolta tattica sia arrivata col cambio di modulo, o con l'aggiunta di un attaccante. Stavano per partire i corsi on line per il patentino di Coverciano quando il tecnico giallorosso ha tirato una secchiata di acqua gelata sui simposi mediatici. "La partita si è riaperta perché è cambiata l'inerzia mentale dopo il rigore". Schietto, onesto, come al solito impareggiabile nell'arte della dialettica.

De Rossi ha ammesso la superiorità degli avversari, ha parlato di futuro come fanno soltanto gli allenatori coscienziosi, ha ribadito quello che servirà alla sua squadra, lo ha fatto anche lodando l'Atalanta. Con buona pace di coloro che credono che la classifica si scali soltanto grazie a una lavagna tattica, e che un giocatore vale l'altro.

E con tanti saluti a chi in questi mesi ha stravolto la realtà, dopando a parole il valore della Roma, alterando i fatti e arrivando persino a rivalutare il lavoro di Tiago Pinto, fatto passare per martire mentre invece era carnefice. Avendo il solo scopo di proseguire a combattere la delirante crociata contro chi ha preceduto De Rossi. Tutti smascherati.

In the box - @augustociardi75