
IL ROMANISTA - Dopo il gran gol al derby, Matias Soulè ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano a tinte giallorosse, parlando della stracittadina, di questa sua prima stagione alla Roma, del rapporto con Ranieri e molto altro. Le sue parole:
Grazie per il derby... Partiamo proprio da qui: quanto hai goduto per questo gol, quanto è stato bello segnare al derby?
«Bellissimo, è stato davvero speciale. Non me lo aspettavo, parlando con la mia famiglia prima della partita mi avevano detto: “Guarda se fai un gol nel derby…”. Dopo aver segnato li ho cercati con gli occhi ma senza trovarli, li ho trovati dopo, a fine gara. Durante l’esultanza non sapevo cosa fare, poi è stato un peccato aver pareggiato perché abbiamo cercato di vincere, ma è stato bellissimo, un’emozione unica. Se ho capito subito fosse entrata? All’inizio ho pensato di no. Poi quelli in panchina mi hanno subito detto che era entrata, perché si trovavano di lato. Io pensavo non fosse entrata. E invece…».
Quel tiro è una giocata da leader, il Matias Soulé dell’andata forse non lo avrebbe fatto: quando vedi Saelemaekers che corre verso di te, si vede che gli fai cenno di passarti il pallone. Sembra la fotografia del click mentale che hai fatto tu, che ti ha fatto fare Ranieri: cosa è cambiato da un girone all’altro?
«Penso soprattutto la fiducia in me stesso, che mi è stata data ogni giorno di più grazie soprattutto all’allenatore e a tutti i miei compagni. Penso sia questo: la fiducia e la testa. So che ho avuto un inizio che non mi aspettavo, non lo volevo e non lo immaginavo in quel modo. Però come ho detto prima è tutta una questione mentale, per fortuna adesso le cose stanno andando un po’ meglio e sono contento di questo».
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Roma-Lazio è paragonabile a un derby argentino?
«Sì, penso che tutti i derby in Argentina sono simili, ovviamente quello tra Boca Juniors e River Plate, il Superclásico è più famoso. Però secondo me la tifoseria della Roma è al livello di quelle argentine, ci sono tante somiglianze».
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Prima hai avuto Pirlo, poi Allegri: è stato lui a farti esordire? Che rapporto hai avuto con lui? Lo vedresti bene alla Roma?
«Noi sappiamo meno di voi (ride, ndr)! Da Allegri ho imparato tantissimo, poi sono andato al Frosinone per giocare di più, però sono stato un anno con lui. Il mister voleva che giocassimo molto stretti per non far passare la palla e andare poi. Credo che per lui l’aspetto fondamentale sia quello, poi ti lascia tanta libertà».
Un po’ come Ranieri: che cosa vi ha portato?
«Sì, penso che i loro modi di giocare siano anche un po’ simili. Anche lui vuole che stiamo chiusi senza far passare la palla, per poi uscire senza rischiare in mezzo. Con me, appena arrivato, si vedeva che sapeva già che mi trovavo in difficoltà. Mi disse: “Ora che sai bene di essere in difficoltà, l’unica cosa che puoi fare è giocare semplice, che poi piano piano ti verranno anche delle cose migliori. Ora devi essere più concreto”. Lui è così, arriva con semplicità al concetto, ci ha tranquillizzato con le parole. Lui parla, e tu sai che ha l’esperienza dalla sua. Ci ha tranquillizzati nel brutto momento in cui ci trovavamo».
Sempre su Ranieri: è vero che a gennaio ti voleva il Bologna, e lui ti ha convinto a rimanere?
«Sì, c’era il Bologna negli ultimi giorni di mercato. Non stavo giocando tanto, quindi chiesi a Ranieri che cosa dovessi fare, e che ne pensasse al riguardo. Lui mi disse: “Stai tranquillo. Ora le cose non stanno andando bene, ma avrai le tua opportunità”. Poi alla fine del mercato era arrivata un’altra offerta, dal Fulham, ma mi hanno detto di rimanere qua. Io ovviamente non volevo andare via, ma parlare con Ranieri mi ha aiutato».
C’è stato un momento in cui hai pensato che venire alla Roma fosse stata la scelta sbagliata?
«Io sono arrivato anche per Daniele De Rossi. Lui è andato via dopo solo quattro partite, e lì è stata dura, perché pensavo: “Mi ha portato Daniele, e ora che succederà?”. Ovviamente sono stato male, non ho pensato fosse stata una scelta sbagliata, ho capito che ci sono dei momenti più difficili in cui non si può mollare”.
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Dopo la partita d’andata contro l’Athletic hai detto di non aver mai visto nulla di simile...
«È stato bellissimo con tutte quelle bandiere. Alla fine, col gol di Shomurodov, è stato incredibile. Non ho mai esultato così in vita mia, almeno in questi pochi anni. Credo sia davvero simile il tifo argentino e quello di Roma. Lì sono matti, ma qua pure... Tutte le bandiere, lo stadio pieno. In tutte le partite poi: se giocassimo di lunedì a mezzanotte, lo stadio sarebbe sempre pieno».
Questa passione l’hai avvertita anche per Dybala? Ti ha trasmesso qualcosa?
«Io sono venuto a Roma per vedere le partite della Roma grazie a Dybala e Paredes. Gli chiedevo i biglietti per poter venire all’Olimpico. Mi hanno sempre parlato del tifo, ma l’ho vissuto anche in prima persona. Quando ho giocato con il Frosinone, all’Olimpico, quando siamo entrati in campo è partito l’inno ma per la concentrazione non sono riuscito a sentirlo bene come ho fatto poi quando sono venuto a vedere le partite dalla tribuna. Lì, insieme alla mia famiglia, siamo impazziti».
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A Roma si parla tanto della famiglia Friedkin, i tifosi sperano un giorno di sentirli parlare. Che rapporto avete con loro?
«Noi li sentiamo vicini, sono sempre presenti. Vengono ogni tanto anche a Roma, ma sono in qualche modo sempre presenti. Parlano col mister ogni giorno e prendono con lui le decisioni».
Parliamo di Dybala, al derby è stato in panchina. Quanto è importante che vi sia vicino ora?
«Troppo importante, vive tanto e sente molto il legame con squadra e tifosi. Mi dice sempre di giocare tranquillo e di fare quello che so fare. Lo prendo sempre come esempio, come giocatore e come persona. Stiamo sempre insieme, beviamo sempre il mate: io, Leandro, Angel e Paulo».
Secondo te voi due potete giocare insieme? Col prossimo allenatore potreste giocare insieme… con Allegri per esempio...
«Non lo so, dipende dalla formazione. Però secondo me sì (ride, ndr)».
È cambiato qualcosa nella tua vita dopo il gol nel derby?
«Sì, sono più tranquillo io. È venuta anche la mia famiglia dall’Argentina, li ho cercati dopo il gol ma non li trovavo. Sono rimasti senza voce per l’esultanza».
Pellegrini è il vostro capitano, ma ora è in difficoltà. Dopo il gol ti ha subito abbracciato.
«Sì, ci aiuta sempre. Se gioca o no, come Paulo, è un leader».
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Mati, con Juric cosa non è andato?
«Non lo so. La sua idea di gioco era completamente differente dall’idea di De Rossi. Ogni allenatore ha le sue idee, c’è stato un cambio troppo rocambolesco. Dovevamo giocare uomo contro uomo, ma non avevamo tanto tempo per adattarci a quel tipo di gioco».
De Rossi lo hai sentito dopo che è andato via?
«Sì, lo sento sempre. L’altro giorno mi ha detto che sarebbe venuto a mangiare a casa mia. Ce lo eravamo detti ma alla fine non lo abbiamo ancora mai fatto».
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