LR24.IT (MIRKO BUSSI) - La differenza della Roma vista in campo nel primo e nel secondo tempo è misurabile in 15 metri. Quelli che la abbassano dai 56,74 metri di baricentro medio registrati alla fine del primo tempo ai 41,5 misurati dall'intervallo al sipario della partita. Per 45' la Roma abbondava di possesso, che sapeva convertire anche in una serie di occasioni propizie, stazionava stabilmente o quasi nella metà campo avversaria senza stenuanti corse all'indietro, riusciva a mordere facilmente la prima costruzione del Genoa, a 3, grazie alle uscite energiche di Koné e Pisilli sui rispettivi terzi di difesa, tenendo Dybala di lavori usuranti. Poi, qualcosa è cambiato.
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La costruzione a 3 del Genoa nel 1T veniva efficacemente affrontata dalle uscite di Kone-Pisilli sui rispettivi terzi di difesa.
Una strategia che permetteva alla Roma di mantenersi alta in campo e che il Genoa faticava a superare senza giocate dirette. pic.twitter.com/qpOta15UZC— Mirko Bussi (@MirkoBussi) September 16, 2024
Dal tunnel, infatti, il Genoa riemerge con due giocatori diversi, Malinovsky e Vitinha che rimpiazzano Thorsby e Vogliacco, cambiandone anche i connotati in campo. Ora, infatti, la prima costruzione del Genoa si può sintetizzare in un 4+2, con Martìn che si apre maggiormente a sinistra e questo lo allontana dalla morsa di Manu Koné. Già dal principio della ripresa, infatti, l'esterno sinistro di Gilardino ha ora molta più disponibilità di campo per avanzare in conduzione, con il francese della Roma che può farlo accostare solo quando ha già varcato, e non di poco, la linea di metà campo. È da questa corsia, infatti, che verranno fabbricati gran parte dei 32 (!) cross affastellati a fine partita dal Genoa nell'area romanista.
È il primo colpo di tosse che porterà la Roma a stringersi la sciarpa al collo vicino l'area di rigore. L'altro, invece, è una legge universale: il modo in cui attacchi, stabilirà come difenderai. Nella ripresa, infatti, di fronte ad una pressione più ingombrante del Genoa, non riuscirà a mantenere la stessa disinvoltura nella gestione del pallone.
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Nel 1T, la Roma accettava, e spesso batteva, la pressione del Genoa sia in costruzione che in transizione.
Questo le consentiva di arrivare più volte verso l'area avversaria e, oltre che di calciare, poteva riaggredire e mantenersi più in alto. pic.twitter.com/adqlY4Y3e9— Mirko Bussi (@MirkoBussi) September 16, 2024
Quando la Roma ha sentito i primi spifferi di vento sbattere le porte, infatti, ha cambiato programma. Succede al 54' e al 55', due minuti e due costruzioni diverse che vengono inghiottite dal Genoa e sembrano graffiare le sicurezze della squadra di De Rossi. Sulla prima, Cristante rispedisce a Ndicka un pallone gravemente pasticciato con l'effetto di portare Ekuban al tiro in diagonale. Sulla seconda, immediatamente successiva, Hermoso si perde in una conduzione centrale in cui finisce accerchiato da avversari. Da qui in poi, la Roma getterà il quaderno delle costruzioni più elaborare abbandonandosi a una serie di rinvii di Svilar, fin lì inesistenti, e giocate dirette che la facciano sentire meno esposta al rischio.
Almeno nell'immediato, però. Perché la scelta in realtà ha l'effetto di tenere la squadra incatenata nella propria metà campo. I bassi guadagni nei duelli aerei, e nelle seconde palle successive, riportano rapidamente il Genoa nell'intimità romanista costringendo così Mancini e soci a difendere nuovamente nei pressi della propria area di rigore.
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Questo fa progressivamente precipitare la Roma in una serie di costruzioni e giocate dirette che non le hanno consentito di risalire il campo nella ripresa.
Lo scarso guadagno nei duelli aerei, o dai rimbalzi successivi, la costringeva a restare bassa. pic.twitter.com/5cVkghn8AP— Mirko Bussi (@MirkoBussi) September 16, 2024