LR24.IT (MIRKO BUSSI) - Cinque delle sei sconfitte stagionali della Roma portano la stessa etichetta: 0-1. Se quella col Napoli, per pericolosità offensiva, era stata la peggior partita prendendo come parametri il dato di xG, i tiri effettuati e i tocchi nell'area avversaria, il record è stato aggiornato, in negativo, domenica scorsa. Nonostante i 24 tocchi nell'area altrui, il doppio rispetto a quanto registrato contro il Napoli, possano ingannare per via di una maggior disponibilità di palle inattive, i 94 palloni gestiti nel terzo offensivo rappresentano il punto più basso della stagione, testimoniando a sufficienza le difficoltà che ha avuto la Roma a portare il pallone in avanti. Mai, finora, la Roma era scesa sotto le tre cifre per palloni portati nell'ultimo terzo di campo.
Numeri che poi, a catena, producono gli altri: 0,3 xG, 6 tiri complessivi, appena 2 nello specchio, i peggiori dei primi 100 giorni di stagione romanista. A Baldanzi e Ferguson, che si sono praticamente spartiti il ruolo più ingrato della giornata sono spettati appena 13 tocchi a testa. Per dare un'idea, Esposito e Borrelli ne hanno avuti 62 e 22 rispettivamente.
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"Zero calciare"
Con 2 tiri in porta, 6 totali e 0,3 xG la gara di domenica supera il record negativo registrato col Napoli e diventa la peggior prestazione offensiva della Roma in stagione.
Sia Baldanzi che Ferguson hanno toccato appena 13 palloni. pic.twitter.com/8GombR09oY— Mirko Bussi (@MirkoBussi) December 9, 2025
Spesso l'innocuità offensiva della Roma è stata ridotta al dibattito sull'utilizzo di un centravanti più canonico, come Ferguson o Dovbyk, o a quelli più atipici, come Baldanzi domenica e Dybala in altre occasioni. Oltre ai motivi di condizione, a cui fa riferimento anche Gasperini nelle interviste post partita, la ricerca di maggiori associazioni offensive, che Baldanzi o Dybala potrebbero offrire più facilmente, appare la risposta all'assenza di calciatori offensivi capaci di accendere pericoli autonomamente. Sintetizzando, di dribblare. E se non puoi dribblare, allora triangola, riporta uno degli adagi calcistici.
Ma quei triangoli, quelle combinazioni offensive, la Roma ha faticato a montarle. Per via di alcuni principi di costruzione che paiono far scontrare Gasperini con le sue stesse fortune. La diffusione di pressioni in parità numerica, con riferimenti sull'uomo che hanno eletto l'allenatore della Roma a trend europeo, rendono oggi molto più complesso progredire sulle catene laterali come amano fare le sue squadre.
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Il passaggio al terzo di difesa, infatti, era il segnale con cui il Cagliari alzava il volume delle pressioni facendo uscire le proprie mezzali.
I trequarti romanisti erano pedinati dai terzi avversari.
Combinare, in quel contesto, risultava complesso pic.twitter.com/AsXAklUO3k— Mirko Bussi (@MirkoBussi) December 9, 2025
Il 5-3-2 del Cagliari, infatti, aveva un segnale in codice per trasformare le proprie pressioni di attesa iniziale in pressing aggressivo per riconquistare il pallone. Quando i terzi di difesa, Mancini da un lato ed Hermoso dall'altro, ricevevano il pallone scattava l'uscita violenta della mezzala, Folorunsho o Adopo, con il quinto che stringeva forte sul proprio corrispettivo romanista e i terzi della difesa di Pisacane che pedinavano i trequarti romanisti, soffocando dunque le possibili combinazioni in catena. La ripetitività delle disposizioni della Roma in costruzione, col mediano di parte che spesso si abbassa o si apre nella prima uscita del pallone, facilitava il Cagliari nel prendere i riferimenti. Così come la netta preferenza per le progressioni laterali, consentiva alla squadra di Pisacane di sovraccaricare il lato forte per avere maggiori possibilità di riconquista.
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Così nasce la migliore (potenziale) situazione offensiva: dal solito smarcamento in ampiezza del mediano di parte si riescono a chiamare i vertici offensivi per uscire sul lato opposto.
Il 3v3 trovato porterà Soulé in un'importante zona di rifinitura. pic.twitter.com/g6ZzZHdi2i— Mirko Bussi (@MirkoBussi) December 9, 2025
Senza immaginare modifiche nei principi di costruzione consolidati da Gasperini, che dunque continuerà ad abbassare spesso i propri mediani e svuotare il centro per progredire lateralmente, anche la partita di domenica ha sottolineato come la ricerca del lato debole possa essere una soluzione sempre più necessaria per gli sviluppi romanisti. Così, infatti, viene messa in scena la migliore, potenzialmente, situazione offensiva della Roma.
Poco prima della mezz'ora, come si vede sopra, Koné si apre nel consueto movimento in ampiezza richiesto al mediano di parte. Stavolta la verticalizzazione su Pellegrini incontra i tempi di smarcamento di Pellegrini e Baldanzi che nella combinazione riescono ad apparecchiare centralmente il pallone per Koné per far distendere lo sviluppo sul lato opposto. Qui, nonostante le scalate reattive del Cagliari, il 3 contro 3 con Mancini, Celik e Soulé garantisce alla Roma una superiorità dinamica, data dal veloce cambio di scenario, che permette all'attaccante argentino di arrivare in una delle zone di rifinitura più pregiate "statisticamente", quella identificabile tra il lato esterno dell'area di rigore con il perimetro laterale dell'area di rigore. La postura del quinto di sinistra del Cagliari, Obert, e la distanza nella marcatura di Rodriguez su Soulé, offrono alla Roma quel vantaggio dinamico che permette all'azione di progredire negli ultimi metri.
La giocata finale dell'argentino sarà poi chiusa in angolo dalla difesa del Cagliari. Ma emerge il messaggio generale: con gli avversari che pareggiano sempre più spesso le disposizioni che la Roma prepara sulle ampiezze, sapersi trasferire sempre più velocemente da una corsia all'altra può tornare a garantire tempi, spazi e opportunità per progredire. E aiutare a vivere meglio gli attaccanti a disposizione, finché non ne arriveranno di più autonomi.




