GASPORT (M. IARIA) - E ora non lasciamolo solo» titolava l’editoriale di ieri della Gazzetta, invocando una reazione del movimento alla tolleranza zero annunciata da Pallotta contro gli ultrà violenti.
Non si può dire che l’appello abbia fatto gran breccia, a giudicare dal sondaggio che abbiamo condotto tra le altre società di A: 11 club su 19 sono rimasti in silenzio. È vero, il presidente Beretta aveva già ribadito la linea «intransigente» della Lega. E poi c’è stata la solidarietà, più o meno convinta, di Atalanta, Cesena, Empoli, Fiorentina, Genoa, Sampdoria, Udinese. Soprattutto si è esposto quel Claudio Lotito che, tra tanti difetti, ha avuto il pregio di aver reciso le connivenze della Lazio con certe frange della curva. Resta la delusione per i no comment delle grandi: la Juventus, che pure è alleata della Roma e ha aperto la strada dello stadio di proprietà, l’Inter e il Milan, che hanno vissuto di recente contestazioni anche feroci, il Napoli che con De Laurentiis ama guardare ai modelli esteri.
Beninteso, non sarebbe cambiata la storia con una frase di circostanza in più. Ma nelle battaglie culturali contano pure i simboli. E allora sarebbe un segnale politico quello di convocare un’assemblea di Lega con un unico punto all’ordine del giorno: politiche del tifo tra severità e dialogo. Magari suggellato da un comunicato firmato da tutti e 20 i presidenti. Perché quel che accade nella Capitale non riguarda solo la Roma. È dalla trasformazione degli stadi in luoghi di festa e spettacolo, liberi da zone franche, che passa il salto di qualità del sistema calcio in Italia.